Filarmonica Mousiké
wind and percussion orchestra

www.filarmonicamousike.it

Lontana Terra

Home
Sommario
Ricerca
Contatti
Documenti Sociali


 


Cercherò Lontana Terra

“Cercherò lontana terra
dove gemer sconosciuto;
là vivrò col cuore in guerra
deplorando il ben perduto.”

(Gaetano Donizetti, Don Pasquale, 1843)

I Brani

Le migrazioni (più o meno volontarie) hanno sempre fatto parte della storia dell’homo sapiens: un fenomeno estremamente “plastico”, soggetto anche a variabilità improvvise. In una sola generazione, gli Italiani sono passati, dal ricordo dei propri padri / nonni emigrati a cercar fortuna, al confronto – per la prima volta nella loro storia – con migliaia di immigrati delle più diverse etnie e provenienze, fino a leggere, non in pubblicazioni specialistiche, ma nella stampa quotidiana: «Chi non ha sentito parlare di ventenni e trentenni che si sono trasferiti o che si stanno per trasferire in terre lontane per cercare fortuna? Ogni anno sono circa 600-700 i giovani bergamaschi che si trasferiscono all’estero». [L’Eco di Bergamo – 13/1/2013]

Richard WagnerDa quando, col Romanticismo, la musica ha scoperto di poter essere un corrispettivo dei moti dell’anima, si è aperta la possibilità (enorme quanto altrettanto potenzialmente distruttiva) di essere un “altrove” rispetto alla realtà di tutti i giorni: viandanti, pellegrini verso l’Oriente, “donne senz’ombra” (e uomini senza immagine nello specchio …) tutti alla ricerca di una verità spirituale negata da un mondo che non a caso proprio allora cominciava a essere dominato dalla produzione industriale (mentre ora pare esserlo da un’ancora più “incomprensibile” finanza globale). Se vi è un’opera come nessuna “quarantottesca”, è Lohengrin: con baldanza eroica, l’artista prova a riportare nella storia giustizia, bellezza e purezza (valori ormai disponibili solo in “un altro mondo”).

Pochi anni prima, nel 1843, era un tenore del melodramma italiano che si proponeva di emigrare (per delusione d’amore): era Ernesto nel Don Pasquale, non a caso opera di ambientazione “moderna”. Però parecchio tempo doveva passare perché il tema dell’emigrazione di massa trovasse eco nelle sale da concerto, e non solo perché una nuova espressione artistica (il cinema) meglio si prestava a interpretarlo. Quando si tratta di scappare, non ci si può “portar dietro i pianoforti”: all’insegna della precarietà, qualche violino, clarinetto, fisarmonica e soprattutto il “riuso” di melodie – magari nate con altro scopo – da cantare per farsi coraggio durante il viaggio e da conservare poi gelosamente a destinazione come legame con la propria patria avara e rimpianta.

Frank TicheliLa storia di queste melodie è anch’essa un’avventura. Il famosissimo inno (pubblicato nel 1835) Amazing Grace fu scritto dal capitano negriero John Newton (1725-1807): è come se Caronte, nel traghettare i dannati, non li bastonasse col remo, ma li accompagnasse cantando “Grazia sorprendente, com’è dolce il suono / che ha salvato un miserabile come me. / Ero perduto, ma ora sono ritrovato / ero cieco, ma ora vedo”. Frank Ticheli così presenta la sua versione per orchestra di fiati: «desideravo che riflettesse la potente semplicità delle parole e della melodia; che fosse sincera, diretta, onesta e che cercasse verità e autenticità senza usare armonie insolite e astuti trucchetti. Credo che quella musica abbia il potere di condurci in un luogo che le parole da sole non sono in grado di raggiungere». Ne risulta una strumentazione raffinata e per nulla enfatica, nella quale curiosamente si intrufolano richiami wagneriani di “idilli” e “mormorii della foresta”.

Hardy MertensL’emigrazione sarda nel secondo dopoguerra, indirizzata alle attività minerarie e industriali del nord Europa (Belgio, Olanda, Germania), ritrovò in una canzone all’amata lontana (scritta qualche decennio prima dall’avvocato Salvatore Sini e musicata nel 1921 da Giuseppe Rachel, maestro della banda di Nuoro), un elemento che univa chi era partito e chi era restato, un canto di solitudine e sofferenza per il distacco da casa, e insieme di speranza: “Non posso riposare, amore del cuore, / sto pensando a te ogni momento. / Non essere triste gioiello d’oro, / né in dispiacere o in pensiero. / Se mi fosse possibile (…) / ruberei dal cielo / il sole e le stelle e formerei / un mondo bellissimo per te”. Le Variazioni sinfoniche su “Non potho reposare” di Hardy Mertens prendono spunto non solo dalla melodia, ma anche da ciò che essa rappresenta per il mondo sardo (che il compositore olandese ha più volte amorevolmente “rappresentato” in musica) per dar vita a un’ampia partitura che combina la tradizione orchestrale “colta” con elementi popolari, cantabilità distese con ostinati ritmici. Dal punto di vista formale non si tratta di variazioni in senso stretto, ma di una serie di “pannelli musicali”, in qualche modo analoghi a quelli pittorici che accompagnano le narrazioni dei cantastorie.

È una struttura musicale adottata anche nel recentissimo brano di Giordano Bruno Ferri: «Ho scritto Il canto della terra lontana su commissione dell’Orchestra Mousiké di Gazzaniga e del suo direttore Savino Acquaviva, che in precedenza aveva già diretto due miei importanti lavori, ossia l’oratorio sulla pala di San Bernardino di Lorenzo Lotto e l’esecuzione capitale “In tempo tagliato” sui quadri del Caravaggio. Benché il soggetto di questa nuova composizione, l’immigrazione e la lontananza dalla propria patria, mi fosse stato richiesto sin dall’inizio, ho preferito non ispirarmi a quadri, romanzi, né canti o storie popolari. Non ho inserito strumenti etnici o temi che richiamassero più o meno esplicitamente una determinata cultura o una zona geografica. Lo trovavo riduttivo. Ho puntato invece su un brano che raccogliesse le suggestioni del tema, prendendo un frammento musicale di poche note e utilizzandolo come filo conduttore per un viaggio, una migrazione, una storia senza personaggi che fosse liberamente interpretabile da ciascun ascoltatore. Nel brano si alternano momenti di malinconia ad altri più sereni, momenti di tensione ad altri più solenni e grandiosi. Il peregrinare di questo frammento vuol essere, simbolicamente, il peregrinare dell’uomo e la sua continua ricerca di una casa».

Scriveva un antico poeta cinese: “Dove vado? Io vado e m’incammino verso i monti / a cercare pace per il mio cuore solitario. / Ritorno alla mia terra natale, la mia patria! / Non andrò più errando in paesi stranieri”. È il testo musicato dall’ultimo Lied del Canto della terra di Gustav Mahler: se l’orchestra di Mahler è ben presente a chi scrive oggi musica per orchestra di fiati e percussioni, le parole sono qui a ricordarci, alla fine del viaggio, che emigrazione e accoglienza sono veramente temi universali. 

Disponibilità del progetto: da maggio 2013


<--- Home Su --->

** Novità **
Calendario
Storia
Direttore
Progetti Artistici
Repertorio
Audio
Foto
Video
Stampa
Link
Area Riservata


Filarmonica Mousiké © 2002
Email:  info@filarmonicamousike.it