Trovesi all'Opera
Programma
ATTO PRIMO
- Gianluigi Trovesi Aspettando
l’opera
- Giacomo Puccini Incipit da Tosca
- Claudio Monteverdi Toccata da
L’Orfeo
- Gianluigi Trovesi Sequenze Orfiche
Toccando la “Toccata” Toccando l’Histoire …
- Claudio Monteverdi Prologo da
L’Orfeo
- Gianluigi Trovesi Sogno d’Orfeo
- Maurizio Cazzati / C. Pluhar
Ciaccona
- Claudio Monteverdi “Pur ti miro” da
L’ incoronazione di Poppea
INTERMEZZO
- Gian Battista Pergolesi “Stizzoso,
mio stizzoso” da La serva padrona
- Gianluigi Trovesi Al Mex
ATTO SECONDO
- Giuseppe Verdi Incipit di “Ah,
fors’è lui che l’anima” da La traviata
- Gianluigi Trovesi Profumo di
Violetta
- Giuseppe Verdi “Ah, fors’è lui che
l’anima” da La traviata
- Gianluigi Trovesi Profumo di
Violetta
- Giuseppe Verdi “È Piquillo un bel
gagliardo” da La traviata
- Gianluigi Trovesi Minor Dance
- Gianluigi Trovesi Saltarello
Toccando Friday e Giant …
- Gioacchino Rossini “Largo al
factotum” da Il barbiere di Siviglia
ATTO TERZO
- Pietro Mascagni Preludio da
Cavalleria rusticana
- Rodolfo Matulich / Gianluigi
Trovesi Aspettando compar Alfio Toccando l’Habanera …
- Pietro Mascagni “Il cavallo
scalpita” da Cavalleria rusticana
- Tradizionale Ćoćek
- Marco Remondini Flamenco 50
Finale
- Giacomo Puccini Finale del III° e
finale I° Atto da Tosca
(ri)elaborazioni / arrangiamenti:
-
Corrado Guarino / Gianluigi Trovesi atto I 2 – 8,
atto II 7
-
Marco Remondini / Gianluigi Trovesi atto I 9,10,
atto II 1 – 6
-
Rodolfo Matulich / Gianluigi Trovesi atto III 2,3
-
Goran Bregovic / Marco Remondini atto III 4
-
Natale Arnoldi / Gianluigi Trovesi atto III 6
-
Marco Remondini atto III 5
strumentazioni / orchestrazioni:
-
Corrado Guarino atto I 2-8, atto II 7
-
Marco Remondini atto I 9,10 atto II 1-6, atto III
4,5
-
Rodolfo Matulich atto III 1-3
-
Natale Arnoldi atto III 6
-
Gabriele Moraschi atto II 8
Si apre la scena del primo atto di questo itinerario
in musica sul rullo dei timpani (1). Il clarinetto contralto annuncia
con il suo libero eloquio sulla fissità di un pedale armonico l’inizio
del viaggio. Un graduale crescendo porta all’irrompere solenne
dell’orchestra (2), con i tre accordi che aprono la Tosca. Un avvio
subito disturbato dai tre improvvisatori e poi immediatamente ripreso
dai fiati dell’orchestra. Solista e ensemble orchestrale,
improvvisazione e repertorio operistico, ma anche modalismo e
successione armonica, si sono così presentati all’ascoltatore. Subito
dopo esplodono gli ottoni della Toccata (3) da L’Orfeo di Monteverdi, in
alternanza tra la fanfara di ottoni e il passo di danza affidato ai
legni. È questa la vera sigla d’apertura di Trovesi all’Opera, e da qui
provengono i materiali e le coordinate storico musicali che questo primo
atto sviluppa. Da questo momento in poi, con assoluta libertà di forme e
trattamenti, le pagine operistiche diventano spunto e incipit per
digressioni fantastiche tra generi e epoche. È un oboe, subito seguito
da flicorno baritono e sassofono contralto (4) ad aprire la sezione
successiva, le Sequenze orfiche di Trovesi, che assumono l’andatura
gentile di una sequenza di accordi che offre al clarinetto la struttura
armonica per l’improvvisazione sul morbido susseguirsi degli interventi
orchestrali. Il contrappunto tra le sezioni dell’ensemble chiude questa
variazione sulla toccata per aprirne una nuova. Il movimento marziale e
meccanico, inizialmente affidato dei basso tuba e dei fagotti, domina
questa seconda sequenza, con il clarinetto che avvia un intenso scambio,
quasi una lotta, con gli interventi asimmetrici e sghimbesci
dell’ensemble e delle percussioni e cita il contrappunto cubista de l’Histoire
du soldat di Stravinskij, culminando in un improvviso pieno orchestrale.
È ancora l’orchestra che interpreta subito a seguire le armonie
rinascimentali del Prologo da L’Orfeo monteverdiano (5) cedendo la
parola al solista che su quelle antiche armonie improvvisa (6) in
strettissima relazione con le sezioni e gli obbligati dell’ensemble. Per
tre volte la parte solistica si alterna agli interventi orchestrali, che
disegnano anche la paurosa discesa agli Inferi di Orfeo. Bellezza e
canto solistico si misurano con l’incalzare dell’elemento tragico sino
al riapparire testuale del prologo nel tutti conclusivo. I sonagli e un
basso affidato al violoncello annunciano il danzante ritmo ternario (7)
della ciaccona di Cazzati nella trascrizione della Pluhar. Il clarinetto
solista alterna i propri interventi alle esposizioni festose della
melodia, in un avvicendarsi vorticoso. La danza antica e le sue sinuose
movenze celebrano il gioco della seduzione ed è così che dalla ciaccona
si passa al gioco degli affetti amorosi con il duetto bellissimo tra
Nerone e Poppea (8), interpretati da sax alto e tromba. I solisti
approfittano della reiterata sequenza armonica della passacaglia per
variare le melodie di Monteverdi, riprese in chiusura dalle sezioni
orchestrali.
In questo giro del mondo attorno all’opera non poteva
mancare l’appuntamento con l’intermezzo, irruzione in scena di una
rappresentazione prosaica e giocosa di affanni e amori. È ancora il sax
alto protagonista, ma a succedere all’amore tragico di Orfeo e alle
dichiarazioni gioiose tra Nerone e Poppea ecco qui l’ira di Serpina (9),
entrata dalla porta di servizio nella storia della musica e mai più
uscitane. Al brio scanzonato di Pergolesi si avvicenda così il vivace
calypso di Trovesi (10), introdotto da un basso ostinato e svolto tra il
solista e le esposizioni tematiche a terrazza dell’orchestra. Qua e là
riaffiora Serpina mentre è alle percussioni e alla batteria che tocca
chiudere il sipario, in un diminuendo graduale.
Il secondo atto si sposta nel cuore dell’opera ed è
costruito in due blocchi che, continuando nel gioco dei travestimenti
teatrali, chiameremo scene. La prima, tutta nel segno dello stupore e
della scoperta dell’amore, si apre con i legni (1) che introducono le
prime note dell’incipit dell’aria di Violetta “È strano! … Ah, fors’è
lui che l’anima”. Segue l’omaggio di Trovesi alla sventurata eroina del
melodramma (2). Un brano che s’interpola al testo originale attraverso
una dolente melodia del clarinetto, in un giro di valzer che sembra
alludere alla Parigi dell’opera verdiana. Riprende poi il violoncello
l’aria (3) per completare la citazione testuale da Verdi, cedendo
nuovamente il passo al solista (4) che conduce l’improvvisazione in un
crescendo dell’ensemble, quasi un giostra, che si spegne in diminuendo
con la sezione dei piccoli trasformandosi in un fragile carillon. La
seconda scena si apre con l’incedere gagliardo del coro dei mattadori
(5) della festa in maschera del II atto della Traviata, interpretato
dall’orchestra, da cui viene generato subito dopo l’ostinato ritmico di
Minor dance di Trovesi (6), dove serrato è il dialogo tra solista e
sezioni orchestrali e che annuncia una sequenza armonica che verrà
sviluppata in seguito. Riappare ancora accennata velocemente la danza
dei mattadori e sull’accelerazione finale un lancio di batteria e
l’ingresso del sax alto su pedale del violoncello introducono al
Saltarello (7). La festa operistica prende le movenze dell’antica danza
rinascimentale esposta prima dal sax e successivamente dall’ensemble. Un
ulteriore lancio della batteria annuncia l’alternarsi delle sequenze
armoniche di due brani del repertorio jazz, Friday the 13th e Giant
steps, e anche nello sviluppo del solista prendono il sopravvento gli
idiomi del jazz. Una sezione questa che elegge a protagonista la logica
dell’improvvisazione e rinuncia anche alle esplicite esposizioni
tematiche, mentre le sezioni orchestrali realizzano le armonie per
l’improvvisazione. Il finale di questo atto (8) è a sorpresa e come il
precedente volge al carattere comico dando voce al Figaro rossiniano,
alternato però ad un violoncello che sotto mentite spoglie brandisce i
suoni distorti come una chitarra elettrica, quasi a ribadire il
carattere artificioso di ogni spettacolare buon happy end.
Il terzo atto procede lungo le traiettorie della
storia dell’opera. L’orchestra di fiati cita il preludio della
Cavalleria rusticana (1) e il clima musicale cambia radicalmente. Il
violoncello è nuovamente protagonista ma l’esuberanza comica di Rossini
lascia il posto alla tragedia. Un trio jazz, batteria sax alto e il
violoncello pizzicato a far le veci del contrabbasso, introduce
Aspettando compar Alfio (2), alimentando su un pedale armonico una forte
tensione cui si aggiungono via via gli interventi dell’ensemble.
L’assolo di batteria insiste sul versante dell’eccitazione ritmica,
coronato da un intervento orchestrale che attraverso sapori iberici
introduce le tre note del basso ostinato del ritmo lento e sornione
dell’habanera che cita la Carmen e dà ampio spazio all’improvvisazione
del clarinetto. L’ostinato ai bassi consente poi di introdurre la
citazione dell’aria di Alfio (3) alternandola agli interventi del
solista in un crescendo ritmico che prende a vorticare su sé stesso con
piglio cinematografico, con uno spirito che sembra miscelare tra loro
Nino Rota e i cartoon. È ancora un lancio di batteria ad introdurre il
seguente divertissement, che fa ulteriormente deragliare il discorso
musicale verso nuovi lidi. Il violoncello adotta le movenze sensuali
della scala minore melodica e annuncia la fanfara e l’irrompere dei
colori della musica popolare balcanica (4) e di sapori di un dialogo tra
est e ovest che sfocia senza soluzione di continuità nei ritmi e nel
melos del flamenco (5).
Il commiato di questo percorso in musica è affidato
ad una scena a sé, la più lunga dell’intero lavoro. Una sorta di finale
che si muove piano dai bassi esposti dall’archetto del violoncello sui
quali si staglia il suono del sax alto (6). È il canto di speranza di
Tosca, ancora ignara dell’esito tragico del suo amore, che prende le
movenze di una bellissima e delicata ballad jazz. I bassi passano poi ad
un dolcissimo e sussurrato puntato dell’orchestra, mentre tra solista e
ensemble si sviluppa un dialogo che evoca il crescere dell’inquietudine
e dell’incertezza, preannuncia l’incertezza del destino cui solista e
orchestra, pagina scritta e solista, devono consegnarsi. Un falso finale
in pianissimo apre la strada all’irrompere brutale del violoncello e
delle percussioni, del solista e poi di tutto l’ensemble. Prende il
sopravvento la tragedia, l’urlo straziato della speranza infranta. Il
canto si spezza negli accordi del preludio di Tosca ascoltati all’inizio
di questo lavoro e il viaggio si chiude proprio là dove si era aperto,
lasciando intendere che tutto possa ricominciare da capo: passioni e
danze, giochi e tragedie.
volantino con il
programma "Trovesi all'opera" |